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La mia storia

Vi racconto brevemente la mia storia.

È la storia di un bimbo che all’età di 2 anni comincia ad inciampare mentre cammina, che corre piano, che cade spesso. Sin da subito mi hanno visto i migliori specialisti e non hanno capito che malattia avessi.

Negli anni 60, quando sono nato io, le conoscenze scientifiche sulle malattie neurologiche erano piuttosto limitate. Nel 1971 vado per la prima volta al Great Ormond Hospital for Sick Children a Londra, considerato all'epoca, all'avanguardia; ci rimango un mese, mi portano (come un animale in vetrina) anche ad un Congresso Mondiale di neurologia…ma niente diagnosi. Intanto vado alla scoperta di Londra e mi piace tantissimo – l’inglese rimarrà per sempre con me.

Al Great Ormond tornerò ancora, nel ’73 e nell’81, ma ancora niente sulla mia malattia.

Nel frattempo, cresco, mi iscrivo al Liceo Classico, lo finisco e comincio Giurisprudenza, mi laureerò tardi, nel ’96, ma nel ’90, quasi per caso, fisso una visita alla neurologia dell’ospedale Borgo Roma di Verona e arriva per la prima volta la sospirata diagnosi. Ho 25 anni e scopro di avere una malattia rara, una neuropatia tipo Charcot-Marie-Tooth (CMT), che è ereditaria e si può trasmettere ai figli con una probabilità del 50%. Non una buona notizia.

Dal punto di vista psicologico il contraccolpo è forte…il mio babbo si era fino ad allora illuso che fosse stata una reazione anomala alla vaccinazione per la poliomielite, ma non è così.

Lui non lo accetterà mai fino in fondo, la mamma sì.

Dopo la laurea comincio a girare per avere una diagnosi genetica precisa, che indichi la mutazione del mio Dna che ha scatenato la malattia. Mi spiegano che la CMT è una malattia degenerativa, che non ha cura e colpisce elettivamente la parte distale degli arti inferiori e, nei casi più gravi, tutte la gambe e anche le braccia, potendo creare disturbi alle corde vocali e al diaframma: è il mio caso, perché la malattia ha avuto un esordio precoce.

Cerco lavoro e studio per l’esame di avvocato, lo supero nel 2001, quando già avevo vinto il concorso da funzionario all’Agenzia delle Dogane, dove lavoro dal 1999 a oggi. Nel 2004 la malattia colpisce duro e mi accorgo di non essere più capace ad attraversare la strada da solo, le mie gambe – che fino a pochi anni prima mi permettevano di fare anche chilometri col mio passo strano, ma veloce – sono diventate deboli.
Devo accettare di usare un deambulatore, un attrezzo che mi permette di appoggiarmi e camminare nuovamente in sicurezza. Non è stato un momento facile, ma mi ha fatto bene, è stata una sana iniezione di umiltà, mi ha costretto a guardarmi dentro, ad accettare la malattia, quello che il mio corpo era diventato, gambe sottilissime, mani da Edward Mani di Forbice, a molte persone fanno paura.

Però sono riuscito a guardare avanti, ad accettare il peggioramento, ma non senza combattere, ho affiancato al nuoto (che pratico dall’età di 4 anni) lo yoga e la fisioterapia in acqua. E per le belle giornate una bici a tre ruote pieghevole, che mi ha regalato la scoperta di tanti luoghi altrimenti inaccessibili.

All'inizio degli anni 90 avevo conosciuto via mail una fantastica signora canadese, Linda Crabtree, anche lei con una grave forma di CMT. Linda, scatenata e saggia al contempo, innamorata della vita come me, mi ha insegnato tanto sulla CMT e non solo, tramite una newsletter mensile “CMT and me,” che ha pubblicato gratuitamente per anni.
Nel 2005, su consiglio di Linda, vado a New York, dal Dr. Younger, neurologo specializzato sulla CMT, ultimo tentativo per avere una diagnosi genetica. Ma la delusione è grande : il dottore dice che non mi sa aiutare e mi mette in mano un numero della rivista scientifica BRAIN.

C’è un post it in corrispondenza di un articolo sulla CMT a cura di diversi ricercatori italiani, tra cui il Prof. Angelo Schenone, è da lui che devo andare secondo il dottore americano.

E naturalmente io ci vado.

A Genova, all’Ospedale San Martino, Schenone ha creato un ambulatorio multidisciplinare per le neuropatie, sulla base delle esperienze fatte negli USA. Nella stessa giornata il paziente viene visto da genetista, neurologo e fisiatra, tutto gratis, è un ospedale pubblico. Quando arrivo da loro a ottobre del 2005, scopro che le persone che lavorano in questo ambulatorio sono straordinarie anche dal punto di vista umano e si crea un bellissimo rapporto, destinato a diventare negli anni una vera amicizia, soprattutto con le genetiste, la Prof. Paola Mandich e la Dr.ssa Emily Bellone.

Lascio un prelievo di sangue, mio e dei miei genitori e, finalmente, sei mesi dopo, a giugno 2006, arriva la mia diagnosi genetica. Ho la CMT 4A, la più rara tra le CMT, basata su una mutazione che può trasmettersi solo se la tua partner ha la coppia complementare di geni mutati, ma è un caso particolarissimo, come quello dei miei genitori che erano due portatori sani.

Quando è arrivata la diagnosi avevo da poco conosciuto Aida, brasiliana bionda dell’Amazzonia. Nel 2008 ci sposiamo, il 25 dicembre 2015 nasce Giulio, non una data a caso, un regalo veramente speciale anche se non mi chiamo Giuseppe e non faccio il falegname.

Giulio non ha la CMT, è semplicemente un portatore sano, potrà avere la sua vita, la più bella possibile e, quando sarà il momento, se lo vorrà, potrà procreare in modo sicuro e responsabile, semplicemente facendo una consulenza genetica: a volte la diagnosi è importante quanto la cura.

Parlando con Paola Mandich scopro che, per scelta della direzione sanitaria del San Martino, il laboratorio di genetica medica che mi ha fatto la diagnosi è a corto di finanziamenti ed è a rischio chiusura.
La Genetica Medica dell’IRCCS Azienda Ospedaliera Universitaria San Martino di Genova è un centro di riferimento a livello nazionale, sia per la diagnosi molecolare che per la consulenza genetica su tutte le principali neuropatie ereditarie; sono stati gli unici capaci di farmi una diagnosi genetica che mi ha cambiato la vita.

Grazie a loro ho saputo di avere la possibilità di avere figli sani; quindi, mi sono sentito in dovere di aiutarli.

Così col cuore, con spensieratezza, senza sapere in che impresa mi mettevo, nel 2009 ho cominciato a raccogliere fondi per AIGEM Onlus, l’Associazione Italiana Genetica Medica, creata proprio dai ricercatori dell’Ospedale San Martino.

AIGEM rivolge una attenzione particolare ai pazienti affetti da malattie genetiche, per migliorare la loro qualità di vita e quella dei loro familiari, fornendo assistenza e accesso alla diagnosi e alla prevenzione e cura delle malattie ereditarie.

Nel 2010 ho creato il Gruppo CMT che non è un’associazione, ma un gruppo di volontari che non chiede niente per sé, ma si propone di:

  • Aiutare le persone malate e le loro famiglie;
  • Promuovere la raccolta fondi per lo sviluppo di progetti di ricerca sulla CMT, mediante l’organizzazione di spettacoli, lotterie, eventi conviviali, manifestazioni sportive e qualsiasi altro mezzo idoneo;
  • Dare un’informazione scientifica il più possibile aggiornata e corretta sullo stato della ricerca (in Italia e all’estero) sulla CMT e sulle future terapie ;
  • Diffondere la consapevolezza dell’esistenza di questa malattia, a tutt’oggi classificata come rara, nonostante sia invece la più frequente patologia neuromuscolare geneticamente determinata. Si tratta, infatti, di un gruppo di malattie motorio-sensoriali (HSMN) con caratteristiche comuni, tutte riconducibili alla CMT, basate su più di 100 mutazioni diverse, ognuna delle quali rara se presa singolarmente. Ma come gruppo di malattie colpisce, a livello mondiale, 1:2500: più di 60mila persone malate in Italia e milioni nel mondo.

Dal 2009 a oggi abbiamo fatto di tutto per finanziare l’attività della Genetica Medica del San Martino e aiutare lo sviluppo di nuovi progetti di ricerca sulla CMT: pranzi, cene, mercatini, spettacoli in teatro e persino un calendario biennale con i personaggi famosi.

Ho conosciuto artisti di tutti i tipi, cantanti, attori, ballerini, illusionisti, con alcuni di loro siamo diventati amici e non ci siamo più lasciati, il mondo è pieno di persone belle, ma non fanno notizia. Sono stati raccolti molti fondi per AIGEM, una parte dei quali è stata devoluta per l’acquisto di un sequenziatore di nuova generazione (NGS), in grado di implementare l’analisi molecolare attraverso l’analisi di un elevato numero di geni per più pazienti contemporaneamente.

Il laboratorio è ormai salvo e nuovi progetti di ricerca sono allo studio ogni anno. Finché potrò continuerò ad aiutarli.

Questa è la mia storia. Nonostante la malattia, non ho mai perso il mio ottimismo, il mio amore per la vita, la mia voglia di combattere. Oggi uso una carrozzina autobilanciante Segway per i lunghi spostamenti e cammino pianissimo con un deambulatore a 4 ruote. E riesco ancora a reggermi sulle gambe, appoggiato da qualche parte: per me è una grande conquista.

Ogni giorno per me è un regalo e, incredibile a dirsi, mi sento fortunato, perché ho una famiglia, un lavoro che mi piace e ho potuto costruire qualcosa per aiutare gli altri.

Era il mio sogno…

Fausto Birigazzi

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